PROCEDURE D'INGRESSO



Per i Passeggeri completamente Vaccinati (che hanno ricevuto al 2da dose da almeno 14 giorni), al momento non è richiesto alcun test per l'ingresso in Laos; le stesse regole valgono per i passeggeri di età inferiore ai 12 anni indipendentemente dal loro stato vaccinale.

Passeggeri di età inferiore ai 12 anni sono esentati da qualsiasi attestazione vaccinale e/o test da effettuare prima della partenza.

Possibile richiedere l'eVisa entro 3 giorni dall'arrivo al costo indicativo di USD 50,00 a persona:
https://laoevisa.gov.la/index
L'eVisa dovrà essere utilizzata entro 60 giorni dall'emissione per un soggiorno di massimo 30 giorni ed è valida per un singolo ingresso.
Necessario avere la scansione del passaporto a colori (validità residua di almeno 180 giorni dall'arrivo in Laos , la scansione a colori di una foto tessera 4x6 cm.
All'arrivo in aeroporto i possessori di eVisa potranno accedere alla corsia a loro dedicata.
Bambini ed Infant necessitano anch'essi di visto.
Attualmente l'eVisa è disponibile per gli ingressi in Laos effettuati tramite:
1) Wattay International Airport (Vientiane Capital)
2) Lao-Thai Friendship Bridge I (Vientiane Capital)
3) Luang Prabang International Airport (Luang Prabang Province)
4) Lao-Thai Friendship Bridge II (Savanakhet Province)
5) Pakse International Airport (Champasack Province)

In alternativa il visto si ottiene all'arrivo.

In caso di passeggeri non completamente vaccinati, necessario esibire un Test Antigenico Rapido effettuato entro le 48 ore dall'ingresso nel Paese.

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PERCHE': In grado di offrire ai turisti una natura ancora vergine ed un mix di culture ed usanze tra le più antiche di tutto il sud est asiatico, rappresenta una delle destinazioni più "incontaminate" dell'Indocina. Le ultime ricerche hanno segnalato ben 68 gruppi etnici esistenti in Laos che possono essere suddivisi in tre etnie principali: i Lao Loum, rinomati coltivatori di riso ed il gruppo più numeroso residente nella parte meridionale lungo le rive del Mekong, i Lao Theung, produttori di caffè, tabacco, cotone abitano le zone collinari, i Lao Soung, comprendenti numerose tribù originali del Myanmar, Tibet e Cina, dediti all'allevamento degli animali e residenti sulle montagne.

QUANDO: Come tutti i paesi influenzati dai monsoni, presenta una stagione secca ed una delle piogge. Da novembre a maggio il clima e secco con temperature che talvolta la notte possono raggiungere anche i 15° C . Durante la stagione delle piogge, che variano di intensità rispetto all'altitudine, le temperature elevate diventano più sopportabili ed il paesaggio e verdissimo. Il periodo migliore va da novembre a febbraio.

VISTO: Il visto, per brevi permanenze, può essere ottenuto anche in frontiera aeroportuale (Vientiane, Luang Prabang) e nelle principali zone di frontiera con la Thailandia: Houai Sai-Chiang Khong, Vientiane-Nongkhai (Thai-Lao Friendship Bridge), Savannakhet-Mukdaharn e Vang Tao-Chong Mek. Il visto ha un costo di 35 dollari americani e sono necessarie due foto formato tessera; la validità è di 14 giorni e può essere rinnovato dal Dipartimento dell'Immigrazione locale.
Possibile anche ottenere il Visto Online prima dell'arrivo direttamente sul sito:
https://laoevisa.gov.la/index
al costo di USD 50,00 a persona

PASSAPORTO: Necessario, con validità residua di almeno 3 mesi dalla data di arrivo.

VALUTA: Si fa presente che in Laos non sussistono affidabili sportelli internazionali ATM. Le principali carte di credito sono accettate nei grandi alberghi e nelle più importanti strutture turistiche. Le transazioni sono condotte principalmente in dollari americani, Thai Bath o Lao Kip.

VACCINAZIONI E CONSIGLI SANITARI: Non è richiesta nessuna vaccinazione obbligatoria.
La situazione sanitaria è in generale abbastanza precaria ed è sconsigliabile sottoporsi a cure ospedaliere in loco; suggerito stipulare un’assicurazione medica prima della partenza.

ELETTRICITA': La corrente elettrica è a 220 V / 240 V. Le prese sono siano quelle europee standard che quelle a due lamelle di tipo americano, utile prevedere un adattatore universale.

CELLULARI: TIM, OMNITEL/VODAFONE, WIND

FUSO: + 6 ore (5 con l'ora legale)

AMBASCIATA E CONSOLATI:

Non vi è una rappresentanza diplomatica italiana nel Paese; l'Ambasciata competente è quella a Bangkok, Thailandia:


Ambasciata d'Italia a Bangkok
399 Nanglinchee Road
Thungmahamek Yannawa,
Bangkok 10120, Thailandia
Tel.: +66 2 2854090/1/2/3
+66 2 2854433/4
Fax Cancelleria Diplomatica: +662-2854793
Fax Cancelleria Consolare: +662-2854801
E-mail: ambasciata.bangkok@esteri.it
HOME PAGE: www.ambbangkok.esteri.it

Competente per l'assistenza sul posto ai cittadini italiani in caso di emergenze, nel quadro della cooperazione consolare UE:

Ambasciata di Francia
Avenue Setthathirath - BP 6 - Vientiane
Tel.: +856 21 21 52 53
21 52 57 (a 59)
Fax: +856 21 21 52 50
Home page:ambafrance-laos.org


FESTIVITA':
Gennaio: Boun Khoun Khao (nei villaggi si celebra la festa del raccolto)
Febbraio: Boun Khao Chi (cerimonie tenute il mattino preso nei templi)
Marzo: Boun Pha Vet
Aprile: verso metà mese Boun Pimai (nuovo anno laotiano)
Maggio: verso metà mese Boun Bangfai (festival in occasione dell'inizio della stagione delle piogge)
Luglio: Boun Kao Padabdinh
Agosto: Festival dei morti (donazioni ai monaci ed uno dei periodi preferiti per le cremazioni)
Settembre/Ottobre: Boun Ok Phansa (preghiere, cerimonie e donazioni in occasione della fine della stagione delle piogge)
Novembre: Boun That Luang (festival religioso di 3 giorni durante la luna piena a That Luang, raduna migliaia di pellegrini per ascoltare preghiere e sermoni letti dai monaci)
Dicembre: 02 - Giorno della nazione

CENNI STORICI:
Il regno di Lan Xang che si era dissolto agli inizi del 700, fu nuovamente assemblato dai francesi del 1893 quando, accogliendo le richieste dei principi laotiani in procinto di essere fagocitati dalla Tailandia, ne fecero un protettorato unito all'Indocina francese.
Costituito da tre regioni distinte, il Laos, senza accesso al mare, è un paese dalle grandi possibilità non sfruttate. Malgrado il largo impiego della tecnica agricola del taglia-e-brucia ancora grandi sono le riserve di legname delle foreste primarie nella parte settentrionale.
La parte centrale, costretta fra il corso del Mekong che segna il confine con la Tailandia e la cordigliera annamita che limita l'accesso al Vietnam, ha un immenso ed inutilizzato potenziale idroelettrico.
La parte meridionale è occupata dalle più importanti pianure del Paese situate nel bacino alluvionale del Mekong e dei suoi affluenti dove si pratica una forma di agricoltura ad alta produttività basata sulla coltivazione irrigua del riso.
Anche le risorse minerarie individuate sono notevoli ma non usate, forse il nuovo assetto dell'ordinamento politico saprà attrarre nel prossimo futuro investimenti e maggiori aiuti internazionali.
Nel corso del 1991 il graduale processo di democratizzazione avviato dall'1988 è parso entrare in una fase decisiva conclusasi con la trasformazione istituzionale del Paese in una vera e propria Repubblica Presidenziale modificando radicalmente il volto del rigido regime marxista laotiano.
Anche la faccia del Laos che guarda all'esterno ha ritrovato il sorriso con la progressiva normalizzazione dei rapporti con le diplomazie della Cina compromessi fin dalla guerra sino-vietnamita e della Tailandia con gli accordi per il rimpatrio dei profughi ancora ospiti dei campi di raccolta.

Vientiane

Capitale del Laos è situata sulle rive del fiume Mekong in una fertile piana, è caratterizzata da bellissimi templi Buddisti e da bizzarre architetture in stile francese. Interessanti le visite ai templi Wat Simuang, Wat Sisaket, Wat Pra Keo ed allo stupa That Luang.
Numerosi i piccoli caffè e ristoranti dove mangiare, ai più avventurosi ed amanti della cucina locale consigliamo il mercato notturno di Dong Palan.

Con i suoi 200.000 abitanti circa Vientiane è dal 1975 la Capitale della Repubblica Democratica Popolare del Laos, uno Stato creato nel 1945 dall’unione dei territori di diversi piccoli Regni di cui il Regno di Lan-Xang fu nei secoli il più significativo ed importante e per il quale Vientiane si alternò a più riprese con Luang Prabang in veste di città capitale. Nel seguente periodo di dominazione Siamese dal XVII al XIX secolo, Vientiane fu nuovamente la sede del Governo locale. Vientiane possiede quindi un passato storicamente di rilievo che possiamo denotare negli antichi edifici dell’epoca, primi tra tutti alcuni stupendi monasteri.
Attraverso la colonizzazione francese prima ed il controllo sovietico in seguito alla presa del Paese da parte del partito comunista negli anni ’70, il XX secolo ha drasticamente modificato il volto di questa città nella quale possiamo oggi registrare diversi elementi architettonici di chiara impronta occidentale.
La più importante caratteristica che il visitatore internazionale percepisce giungendo a Vientiane è comunque quella di una cittadina a portata d’uomo e da vivere ed apprezzare per la sua disinvolta e naturale semplicità. Vientiane non ha nulla a che vedere con le grandi e caotiche capitali degli emergenti Paesi Asiatici dell’area. Qui mancano infatti il traffico intenso, gli enormi grattacieli di vetro e la ritmata e inesorabile frenesia dell’Asia che oggi ci immaginiamo. Vientiane è una piccola capitale dell’unico piccolo Paese del Sud-Est Asiatico completamente celato tra le montagne e privo di sbocchi sul mare. Un Paese dimenticato dal progresso, dagli scambi commerciali, dai grandi investimenti e dalle multinazionali. Un Paese che vive ancora oggi della sua genuina tradizione

That Luang
Il giallo e slanciato stupa del Pha That Luang (“il grande stupa”) è di gran lunga l’immagine più ricorrente, distintiva e fotografata del Laos.
Si trova nella periferia della città, poco oltre il Phatuxai, ed è il simbolo per eccellenza dello stato laotiano.
Furono probabilmente gli antichi Khmer, nel corso del XII secolo, i primi ad edificare un santuario religoso in questo luogo anche se la leggenda narra che il sito del That Luang fu per la prima volta identificato da missionari buddisti provenienti dall’India all’epoca del celebre Imperatore Asoka (III secolo AC), il grande sostenitore del Buddismo ed il fautore del suo radicamento ed espansione nell’Asia. La leggenda prosegue raccontando che i missionari indiani portarono nel luogo del That Luang una sacra reliquia del Buddha. Per la precisione, una sua costola.
Nelle forme in cui lo conosciamo oggi, il That Luang venne costruito nel 1566 quando il Re di Lan-Xang Setthathirat spostò per la prima volta la capitale del Regno da Luang Prabang a Vientiane.
Completamente distrutto dai Siamesi di Bangkok durante l’atroce saccheggio al quale sottoposero la città nel 1828, il That Luang verrà ricostruito dai francesi durante il periodo coloniale ad immagine e somiglianza dell’originale.
Il That Luang è architettonicamente suddivisibile in tre sezioni ben distinte, ognuna delle quali rappresenta un diverso livello dell’universo buddista.

Haw Phra Kaew
Il “Tempio del Buddha di Smeraldo” è il luogo dove dal 1564 al 1779 venne custodito l’omonimo e venerato Buddha di Smeraldo, una tra le immagini più sacre nell’intero mondo buddista.
Fortemente danneggiato dal saccheggio Siamese del 1828, il tempio verrà ristrutturato in epoca coloniale.
L’edificio principale è di enormi dimensioni pur mantendo un armonioso equilibrio estetico di forme. Molto pregiate le decorazioni murali all’interno dello stesso.

Wat Sri Sakhet
Uno dei motivi per cui questo tempio è particolarmente importante e assolutamente degno di una visita è dovuto al fatto di essere uno dei rari edifice risparmiati dalla forza distruttrice dei Siamesi nel 1828, probabilmente per il fatto che molte delle sue forme e soluzioni stilistiche sono ispirate allo stile Siamese stesso.
Al Wat Sri Sakhet possiamo così ammirare un antico monatero Laotiano nella sua forma e con l’utilizzo dei materiali originali.
Molto interessante la foltissima collezione di immagini del Buddha che occupa per intero il portico del primo muro di cinta.


Luang Prabang

Pacifica cittadina dove, tra strade polverose, si nota qua e là l’arancione tipico delle tuniche vestite dai monaci ed il nero degli ombrelli che li riparano dal sole. Ben 32 dei 66 templi originali costruiti prima della colonizzazione francese sono conservati in buono stato. In città le visite devono prevedere: il Palazzo Reale ora convertito in Museo Nazionale, il Wat Xieng Thong, il Wat Sen, il Wat Visun; fuori città le belle cascate di Khuang Si e le grotte di Pak – Ou.

È il 1353 DC quando, con l’appoggio militare del grande impero cambogiano dei Khmer, alla guida di un leggendario esercito che si muove su “un milione di elefanti” da guerra, il condottiero Tai-Lao di nome Fa-Ngum conquista i territori che oggi compongono il Laos del Nord e fonda il Regno di Lan-Xang, nome che letteralmente significa “un milione di elefanti”.
La capitale del Regno è la città che oggi chiamiamo Luang Prabang e che si trova dislocata nel punto di confluenza tra il grande fiume Maekhong che scende dall’Himalaya ed il fiume Nam-Khan che, immeditamente prima di gettarsi sul corso del Maekhong, disegna un insolito e regolare rettangolo. La città è così completamente contornata dall’acqua, disposizione geografica considerata di forte auspiscio nelle religioni animiste che costituivano l’arcaica forma di culto dei popoli Tai-Lao.
Una leggenda racconta che nel punto di confluenza dei due fiumi, su ognuno di essi si trova la dimora di due potenti “Naga”, i mitologici serpenti marini che propiziano la pioggia e la fertilità.
Attraverso flussi culturali provenienti dai confinanti regni Birmano e Siamese, il Buddismo Theravada non tarderà però ad arrivare e si hanno tangibili testimonianze storiche che dimostrano che già nel sedicesimo secolo la città è diventata uno dei principali e più sacri luoghi di culto buddisti del Su-Est Asiatico.

Buddha Phra Bang
Luang Prabang acquisisce questo importante status spirituale grazie all’arrivo in città di una piccola ed esile statuetta del Buddha in posizione eretta e con le mani nella doppia Mudra dell’Abhaya (posizione che indica la non paura contro le foze del male). La provenienza di questa statua è dubbia. Alcune cronologie narrano di un dono di Angkor nel corso del XIV secolo mentre altre ne attribuiscono l’origine al Regno Siamese di Ayuttaya. Quello che invece pare certo è che la statua sia stata prodotta in Sri Lanka, patria del Buddismo Theravada, nel I secolo DC, ben mille e trecento anni prima del suo arrivo in città.
Questa esile e delicata statuetta è denominata “Phra Bang”, che nelle lingue Tai significa letteralmente “il Buddha fragile e sottile”. Da qui anche l’etimologia del nome della città stessa.
Il Phra bang è alto 83 centimetri ed è composto per la maggior parte di oro fuso assieme ad altre leghe metalliche per un peso complessivo superiore ai cinquanta Kg.
Durante I vari saccheggi che i Siamesi perpetreranno in territorio laotiano nel corso del diciottesimo e diciannovesimo secolo, per ben due volte la statua viene trafugata e trasportata nel Grande Palazzo di Bangkok. Per sfuggire alle leggendarie maledizioni che aleggiano su di essa e che causeranno gravi sofferenze e disgrazie, i siamesi restituiranno il Phra Bang ai laotiani in entrambe le occasioni. L’ultima e definitiva volta nel 1866.

Museo Nazionale (Palazzo Reale)
In attesa che le autorità locali terminino la costuzione del “Haw Phra bang”, una sontuosa dimora degna della sua importanza, il venerato Buddha Phra Bang è al momento custodito assieme ad altre pregiate statue del Buddha che costituiscono una vasta collezione ed esposto in mostra presso l’antico Palazzo Reale di Luang Prabang, ora Museo Nazionale.
Edificato dai francesi durante il periodo coloniale, il Palazzo Reale propone un grazioso ibrido stilistico tra l’architettura coloniale dell’epoca e forme più tipicamente locali.
Venne inaugurato nel 1909 per essere la sede del trono di Re Sisavang Vong la cui statua oggi troneggia nel vasto parco esterno al Palazzo.
L’esigenza di una nuova residenza per la famiglia Reale si manifestò in seguito alla totale distruzione della precedente da parte delle brigate cinesi delle “Bandiere Nere” che rasero al suolo la città nel 1887. Da quella data e fino al 1909, I regnanti utilizzarono provvisoriamente una dimora costruita in legno, paglia e pali di bamboo.
Con la costituzione del Regno del Laos nel 1945 a seguito della ottenuta indipendenza dai francesi, Luang Prabang diviene la città Capitale ed il Grande Palazzo ne sarà la sede del Governo fino al 1975, anno durante il quale il partito comunista ribalta la Monarchia e si impadronisce del potere spostando la capitale a Vientiane.
Edificato in posizione strategica nel cuore della città antica, il Grande Palazzo era studiato per costituire un facile approdo e l’ideale benvenuto agli avventori che giungevano via nave solcando il Maekhong. L’ingresso dal fiume è però posto sul retro. L’ingresso principale è infatti rivolto in posizione speculare rispetto alla lunga scalinata che porta alla vetta del Phousi, la collina sacra di Luang Prabang.
Il Palazzo ha una particolare ed originale pianta a doppia croce con al centro la sala del trono. Dopo un lungo confronto, Re Sisavang Vong riuscì a convincere gli architetti Francesi dell’importanza di un tetto in stile Laotiano per questa sala e fu così scongiurata l’applicazione una soluzione stilistica occidentale.
All’interno del Palazzo è oggi esposta una vasta collezione di oggetti antichi tra cui sacre statue del Buddha ma anche dipinti, argenterie, ceramiche e vari altri oggetti preziosi offerti alla casa Reale del Laos dalle delegazioni diplomatiche di vari Paesi del mondo.
Le pareti sono ricoperte di raffinate raffigurazioni dell’epopea mitologica del Ramayana, molte delle quali sono state disegnate non da artisti locali bensì da Alix de Fautereau, artista Francese, negli anni ‘30.
È inoltre posssibile ammirare l’area residenziale con la camera da letto padronale e varie altre stanze adibite ad alloggio o al ricevimento.

Haw Phra Bang
La “cappella del Buddha Phra Bang”, al momento in costruzione nella parte nord del complesso del Palazzo Reale, sarà il luogo dove verrà conservata l’omonima immagine sacra identificativa della città.
La costruzione di questo importante luogo di culto venne iniziata negli anni ’60 ma poi interrotta a seguito dell’iniziale opposizione alla religione buddista da parte del nuovo regime comunista al Governo dal 1975.
Come più volte la storia ci ha però dimostrato, è impossibile governare un Paese, nemmeno attraverso una dittatura, stravolgendo la fede e la credenza di un popolo. Fin dagli anni ’80 infatti, poco dopo la sua instaurazione, il regime ha dovuto drasticamente modificare le proprie posizioni di pensiero a favore di un deciso ritorno in voga dei principi e della spiritualità del Buddismo Theravada. Nel 1993 sono così ripresi i lavori di costruzione della Haw Phra Bang che, malgrado l’utilizzo di tecniche e materiali edilizi moderni, riproporrà in tutto e per tutto lo stile classico della Luang Prabang di un tempo. Particolarmente notevole e dalle mastodontiche proporzioni è il basamento a forma ottagonale che si innalza sul livello del suolo di dversi metri. La Haw Phra Bang è oramai in fase di ultimazione e potrà tra poco ospitare il suo illustre inquilino.

The Heritage House (Reuan Morakot)
Antica casa interamente costruita in legno su palaffitta e contornata da lussureggianti giardini nel pieno centro storico di Luang Prabang.
Questa residenza, oggi sotto il diretto patricinio dell’Unesco, è uno dei luoghi migliori dove apprezzare lo stile di vita, gli usi ed i costumi di un tempo.
Su richiesta, alla Reaun Morakot possono essere organizzate dimostrazioni della tradizione Laotiana tra cui la cerimonia del “Baisri”

Monte Phousi
Questa collina alta circa 100 metri si trova al centro della città antica di Luang Prabang ed in posizione dominante.
Una lunga scalinata di oltre trecento gradini porta fino alla vetta da dove si gode di una magnifica manoramica sui fiumi e sul nucleo storico della città.
Sulla vetta si trova anche un piccolo tempio buddista, il Wat Chom Sri.
I turisti salgono generalmente sulla vetta del monte per ammirare il tramonto, momento della giornata durante il quale i piccoli spazi a disposizione dei presenti sulla stretta terrazza racchiusa tra il tempio e le rocce non sono sufficienti a contenere la folla che spesso si crea. Un’idea alternativa può essere quella di visitare il monte durante le ore fresche del primo mattino.

Grotte Ting e Theung (Pak Ou)
Risalendo il Maekhong in direzione del confine thailandese, a circa 25 Km di distanza da Luang Prabang si raggiunge la piccola località di Pak Ou (“le bocche del fiume Ou”). Nelle sue prossimità troviamo due grotte di eccezionale importanza per la religione buddista. Al loro interno sono infatti custodite migliaia di statue del Buddha qui portate dai fedeli e dai pellegrini provenienti da tutto il Paese. Le grotte sono raggiungibili esclusivamente dal fiume. La più vicina all’approdo e più facilmente eccessibile è la grotta Ting (“Tham Ting”) qui possiamo contare circa 2.500 immagini del Buddha. Risalendo la montagna possiamo invece accedere alle Grotte Theung (“Tham Theung”) dove le statue sono circa 1.500.
Quasi tutte le statue sono in stile tipico Laotiano ed il Buddha è rappresentato nelle posizioni più disparate (seduto in Lalisana o all’ “europea”, in piedi, nel cammino ed in posizione reclinata) e in tutte le “Mudra” (particolare gesticolazione delle mani): dalla Bhumisparsa (chiamata della Terra a testimone) all’Abhaya (protezione e non paura) fino alla Dhyana Mudra (meditazione), Dharmachakramudra (avvio della ruota del Dharma o insegnamento) e altre.
Risalendo contro corrente provenienti da Luang Prabang la navigazione si estende all’incirca per due ore. Il ritorno dura all’incirca la metà.

Il Buddismo ed i sacri monasteri di Luang Prabang
Durante il sedicesimo nonchè il seguente diciassettesimo secolo il Regno di Lan-Xang raggiunge la masssima importanza e sviluppo e Luang Prabang tocca l’apice della bellezza e dello sfarzo che si manifestano soprattutto nella realizzazione di stupende opere architettoniche dedicate al Buddismo Theravada. È in questa fase che vere e proprie opere d’arte come i celebri conventi Wat Xieng Thong e Wat Visoun vengono alla luce.
Nei secoli successivi Lan-Xang viene conquistato dal Siam e l’intero territorio cade nell’oblio. La posizione isolata tra alte montagne e la lontananza dalle principali vie di comunicazione e canali commerciali induce una lenta ma inesorabile ibernazione dalla quale Luang Prabang si risveglia solo in tempi recenti. È infatti tramite il colonialismo francese che la città viene scoperta e rivelata al mondo intero ed in particolare all’occidente.
La sua bellezza ed il fascino antico ed esotico, la profonda spiritualità e religiosità preservate in modo intatto fin dall’alba dei tempi sono i fattori principali che hanno decretato nel 1995 l’ingresso della città di Luang Prabang nelle liste dell’Unesco quale Patrimonio dell’Umanità.
Una statistica stilata attraverso i giudizi e le votazioni raccolte tra i lettori di una nota pubblicazione del settore turistico ha recentemente posto Luang Prabang al settimo posto tra le città turisticamente più belle ed interessanti del mondo.

Taak Baat Khao Neeaw
È questo il nome in lingua Laotiana con la quale si identifica la raccolta delle offerte da parte dei Monaci Theravada.
L’origine di questo antichissimo rito si perde nell’alba dei tempi ed è collegato ad uno degli otto avvenimenti fondamentali della vita del Buddha Sakyamuni (Buddha Siddartha): poco dopo aver raggiunto lo stato di Illuminato, il Buddha fece ritorno nella sua terra natale, la città di Kapilavastu, ai piedi dell’Himalaya e nei pressi dell’odierno confine tra India e Nepal.
Qui regnava Suddhodana, padre del Buddha, il quale era quindi a tutti gli effetti il Principe di queste terre.
La leggenda prosegue raccontando che, alla notizia del suo arrivo, i membri della famiglia Reale uscirono per le strade a dare il benvenuto al loro venerato parente. Dopo una giornata trascorsa assieme, i regnanti fecero ritorno al loro palazzo dimenticandosi di offrire al Buddha gli alimenti per il proprio sostentamento. Stanco e affamato, il giorno seguente il Buddha chiese umilmente offerta di cibo a quelli che un tempo erano i suoi stessi sudditi ed avviando così questo fondamentale rito che si ripete da oltre 2500 anni. Il messaggio morale che sta alla base di questa pratica è molto evidente e particolarmente identificativo della filosofia Buddista: l’eguaglianza tra tutti gli esseri umani non può e non deve impedire ad un Principe di chiedere la carità ai propri sudditi.
Canonizzato nel Vinaya Pitaka, uno dei tre libri del Canone Pali che in modo rigido e rigoroso detta i principi religiosi e le regole di condotta per tutti i buddisti Theravada nel mondo, il Taak Baat Khao Neeaw deve essere praticato nel rispetto di norme precise e fiscali: si deve tenere una volta al giorno, all’alba, ed il cibo ricavato dovrà essere l’unica forma di sostentamento dei monaci per i due pasti quotidianamente concessi (uno al termine del Baat ed un secondo poco dopo il mezzogiorno). Tutto il cibo offerto deve essere rigorosamente consumato il giorno stesso, senza avanzi. Le offerte devono rigorosamente essere solo in cibo. I fedeli non devono offrire altri beni ed in particolar modo devono astenersi dall’offrire denaro.
Anche per l’accettazione stessa dell’offerta, i monaci devono seguire un rituale ben preciso: non possono ad esempio chiedere l’offerta in modo esplicito e non posssono protendere la ciotola delle offerte in direzione del fedele. La ciotola va tenuta tra le braccia e stretta sulla vita, nella posizione canonica che vediamo rappresentata nelle statue del Buddha che identificano questa precisa vicenda.
Assieme a Thailandia e Myanmar, il Laos è il paese Theravada dove queste usanze si sono conservate nella loro forma più pura ed integrale e Luang Prabang è senza ombra di dubbio la città dove il Taak Baat si può ammirare nella sua forma spritualmente più nobile. Alle prime luci dell’alba, centinaia di Monaci marciano in fila indiana tra le strette stradine di Luang Prabang contornate da piccole casette in legno. I Monaci non fermano mai la loro marcia ed è compito dei fedeli, che si prostrano genuflessi al loro sfilare, di riempire in modo veloce e ritmato con il prelibato “Khao Neeauw” (impasto di riso) ognuna delle ciotole.
Un patrimonio spirituale e culturale da proteggere e rispettare
La profonda fede buddista è la vera anima di Luang Prabang. Visitare questa stupenda città significa prima di tutto immergersi nell’intenso flusso spirituale che la attraversa e sarebbe impensabile lasciare questo luogo senza aver ammirato il Taak Baat.
Alle 04:00 del mattino, i gong di tutti i monasteri di Luang Prabang segnano l’inizio della giornata e per chi soggiorna in uno dei tanti piccoli resorts del centro storico sarà impossibile sfuggire a questo sublime richiamo.
Nell’attesa dell’uscita dei Monaci dai loro conventi, centinaia di turisti si accalcano ogni giorno all’alba lungo la Rue Wat Senè, la strada principale del centro storico di Luang Prabang, dove il Taak Baat può essere meglio ammirato.
Catturati dal magico misticismo del rito e dallo splendore esotico di centinaia di sfavillanti tuniche arancioni che si susseguono senza soluzione di continuità, molti avventori vengono trasportati da un vortice di eccitazione ed esaltazione che spesse volte fa purtroppo oltrepassare i limiti del buon senso e del rispetto.
È molto importante che chiunque si rechi all’alba sulla Rue Sene sia pienamente consapevole di ammirare un rito religioso carico di profonda sacralità e non uno spettacolo inscenato per il proprio piacere.
Certe regole comportamentali sono quindi assolutamente indispensabili al fine di preservare il Taak Baat nella propria integrità. In particular modo, si raccomandano i turisti di non avvicinarsi in modo eccessivo ai Monaci e di non intralciare il loro passaggio, di non usare il flash delle macchine fotografiche, di non parlare ad alta voce, non gesticolare e mantenere in generale un’attitudine di pieno rispetto delle tradizioni.

I monasteri principali
Edificate tra il XVI ed il XIX secolo, le opere architettoniche più significative e rappresentative della spiritualità buddista di Luang Prabang hanno involontariamente testimoniato gli episodi che nei secoli hanno cambiato la storia del Regno e lasciato gli indelebili segni della guerra e della distruzione ed alcuni tra i monasteri più sacri ed importanti della città hanno da tempo perduto per sempre la loro identità originaria. Gli eserciti degli invasori Siamesi, Cinesi, Vietnamiti e Birmani che a turno hanno saccheggiato la città non si sono infatti limitati a depredare e trafugare i gioielli ed i metalli preziosi che ornavano e decoravano le sacre dimore dei Monaci. Hanno anche bruciato e disperso tesori culturali di inestimabile valore: stupende costruzioni con i tipici tetti spioventi in legno, intere biblioteche buddiste composte da pregiati libri trascritti sulle foglie di palma hanno conosciuto nei secoli il fuoco della violenza e della definitiva distruzione.
È singolare però pensare che uno dei più recenti e probabilmente il più crudele e totale dei saccheggi, perpetrato a più riprese tra il 1884 ed il 1895 ad opera delle “Bandiere Nere” (truppe irregolari di mercenari Cinesi), ha miracolosamente risparmiato due tra i più sacri ed importanti templi della città e che oggi costituiscono tappe imperdibili nella visita di Luang Prabang: il tempio Reale Wat Xieng Thong ed il Wat Mai Suwannaphummaham

Wat Xieng Thong Ratsavoravihanh
Edificato in prossimità del limite settentrionale del centro storico, a ridosso del punto geografico esatto nel quale i fiumi di Luang Prabang si congiungono tra loro, il Wat Xieng Thong gode di una posizione dominante al culmine della Rue Wat Sene, la via principale di Luang Prabang.
A partire dalla data della sua costruzione, alla metà del XVI secolo, e fino al termine della storia di Luang Prabang quale città capitale del Regno nel 1975, il Wat Xieng Thong è sempre stato il tempio più sacro ed importante della città e l’unico tempio continuamente posto sotto il diretto patrocinio della Famiglia Reale. Dopo tre intere giornate di meditazione e di preghiera presso il tempio Long Khum, sulla sponda opposta del Maekhong, l’erede al trono attraversava il fiume a bordo di una lussuosa barca Regale, entrava al Wat Xieng Thong attraverso un’approdo costituito da una lunga scalinata (oggi ancora esistente) che terminava fin dentro al tempio, e qui veniva incoronato.
Seguendo le tipiche tradizioni locali, la posizione scelta per la costruzione del tempio aveva a quel tempo un particolare significato cosmologico. Nel caso particolare del Wat Xieng Thong, questo era il luogo nel quale la leggenda racconta che due antichisssimi Monaci eremiti stabilirono la propria dimora in prossimità di un albero sacro del quale oggi possiamo ammirare una stupenda raffigurazione sulla parete posteriore esterna del Sim, la costruzione più sacra del tempio.
Un’altra importante novella correla la fondazione del tempio alla memoria di Chanthaphanit, il leggendario Re fondatore della città nel lontano VIII secolo. Gli stupendi murali raffigurati sulle pareti interne e sul soffitto del Sim stesso narrano della sua vita e del modo rocambolesco e bizzarro nel quale divenne Re e fondò la città. Altri murali del Sim rappresentano invece le “Jataka”, le storie di ognuna delle precedenti reincarnazioni di Siddartha Gautama prima di raggiungere la definitiva incarnazione che lo porterà allo stato di Buddha. Le Jataka canoniche sono 543 delle quail solo alcune sono qui rappresentate.
Durante il viaggio in Laos del Governatore Generale francese delle colonie nel 1928, Re Sisavang Vong riuscì ad ottenere i fondi per quella che a oggi risulta l’ultima importante restaurazione del tempio e che, a parte alcuni edifici aggiunti negli anni ’60 e ad altre minori opera di manutenzione, diede al Wat Xieng Thong la conformazione ed il look nel quale lo ammiriamo oggi. I fondi concessi dalla Francia non furono però ottenuti a buon mercato. I colonizzatori occidentali pretesero infatti in prestito una delle immagini religiose più sacre del tempio: una anomala e originale raffigurazione del Buddha reclinato dallo stile unico e difficilmente decifrabile. Canonicamente coricato sul fianco destro, la mano sulla quale si poggia il capo ha infatti una particolare forma allungata non riscontrabile in nessuna altra rappresentazione artistica di mpronta Theravada. Questa immagine venne esposta a Parigi per lungo tempo prima di trovare finalmente la strada del ritorno in Patria negli anni ’60.
Oggi al tempio non si accede più dal lato del fiume bensì dall’ingresso principale a est lungo la Rue Wat Sene. Da qui il Sim ci appare in tutta la sua maestosità ed importanza e la forma architettonica di maggior rilievo è ovviamente rappresentata dagli stupendi tetti in legno lavorato spioventi e a più livelli.
La torre campanaria
Oltre al Sim, il Wat Xieng Thong ci propone anche una raffinata ma recente torre campanaria nella quale è posizionato il Gong utilizzato per la chiamata dei Monaci. Il suono profondo e ritmato di questo potente strumento aleggia inesorabile sulla città per ben due volte al giorno: alle quattro del mattino ed alle quattro del pomeriggio.

La rimessa del carro funebre
Un’altra costruzione databile agli anni ’60 si trova immediatamente alla destra dell’ingresso. Edificata nella canonica forma del Viharn, il suo aspetto può trarre in inganno. Non è infatti un edificio dedicato al culto ma è la rimessa del carro funebre utilizzato nel 1961 per la cerimonia di cremazione di Re Sisavang Vong.
Lo stupendo, doppio tetto spiovente di questo edificio è costruito in uno stile architettonico denominato Xieng Khuang, il terzo periodo stilistico di Luang Prabang.
Una delle peculiarità più eclatanti di questo edificio è il rivestimento delle facciate esterne con pregiati e finemente lavorati pannelli in legno di teak interamente dorati. Le sculture di questi pannelli rappresentano la versione Laotiana del Ramayana, l’epopea mitologica del Principe Rama e della sua guerra contro le forze del male, impersonificate da feroci demoni, per liberare la sua amata.
Il grande carro funebre occupa per intero lo spazio interno dell’edificio. È infatti alto ben 12 metri e montato su di un telaio a sei ruote. Finemenete decorato, termina a punta nella forma del mitologico serpente Naga canonicamente rappresetato a sette teste.
Durante la cerimonia funebre del 1961, il corpo del Re venne trasportato a bordo del carro da qui fino al tempio Wat That Luang, all’interno del complesso del Palazzo Reale, dove venne cremato.
Le sue ceneri vennero poi riportate al Wat Xieng Thong dove oggi riposano all’interno di una pregiata urna in legno di sandalo.
Cappella del Buddha Eretto
Procedendo dalla rimessa del carro funebre in direzione del Sim si incontra un piccolo edificio del quale vanno ammirati gli stupendi mosaici che compongono I frontoni delle porte. Al suo interno si trova una pregiata statua del Buddha che costituisce una sorta di replica del celebre Phra Bang. Venne donata a Sisavang Vong da Rama V il Grande, Re del Siam, all’inizio del XX secolo.
Il “Sim”
Si giunge così finalmente al Sim, la costruzione centrale del tempio. Definito “la felicità per gli occhi dell’anima”, presenta raffinate decorazioni che ricoprono interamente sia l’interno che l’esterno del tempio.
Tra le rappresentazioni murali, spesso ottenute con la tecnica dello stampo al fine di riprodurre le stesse minuziose e pregiate decorazioni infinite volte, troviamo la Sacra Routa del Dharma, l’insegnamento che sta alla base del credo Buddista e che il Buddha Gautama ideologicamente “girò” presso il Parco dei Cervi di Sarnath (India settentrionale), simboleggiando l’inizio della Religione Buddista. Ci sono poi le già descritte rappresentazioni delle Jataka, ed ancora alcune crude e drammatiche rappresentazioni delle punizioni divine inflitte ad “Avici”, l’inferno che la cosmologia Buddista pone nelle profondità di “Jambudvipa”, il continente abitato dagli uomini che galleggia nel mare cosmico primordiale.
Esternamente, sul retro del Sim troviamo la raffinata rappresentazione il mitologico albero degli eremiti fondatori della città (vedi).
Il tetto del Sim è sostenuto da otto possenti e mastodontiche colonne in legno ognuna ottenuta da un unico gigantesco tronco.
Al centro si trova l’immagine più venerata del Buddha. Seduto con le gambe in Lalisana, mostra la Mudra (posizione delle mani) del “Bhumisparsa”: la mano destra è estesa fino a toccare la Dea Terra, che viene chiamata a testimoniare sulla definitiva vittoria del Buddha contro le forze del male e il raggiunto stato di “Illuminato”.

La biblioteca
La biblioteca, che contiene una copia del Canone Pali, è insolitamente posta lungo l’asse longitudinale del Sim e dietro di esso. È questa una licenza stilistica che gli architetti di Luang Prabang si sono concessi rompendo con la tradizione che vede la libreria generalmente posta sul lato nord-orientale dell’edificiio consacrato e con l’ingresso rivolto ad occidente.
In lingua Pali, il sacro Canone dei Buddisti Theravada prende il nome di “Tripitaka” che letteralmente significa “I tre canestri” ad identificare I tre libri principali che lo compongono. Il primo è il Sutra Pitaka, che contiene gli insegnamenti materiali del Buddha riconducibili ad esempi di vita tangibili e dimostrabili. Il secondo è il Aphidharma Pitaka, che contiene gli insegnamenti astratti quali ad esempio la composizione dell’universo Buddista e delle sue divinità, ed infine il Vinaya Pitaka che standardizza le oltre duecento regole comportamentali basilari alle quali devono attenersi I Monaci e le ulteriori centinaia di regole secondarie. Il Tripitaka si compone complessivamente di centinaia di migliaia di versi ed è di gran lunga il testo sacro più esteso del mondo.
La cappella Rossa ed il Buddha reclinato
Il Wat Xieng Thong non ha ancora terminato di mostrarci meraviglie. Manca infatti all’appello la “Cappella Rossa”, il grazioso edificio posto di fianco alla biblioteca che contiene la celebre immagine del Buddha reclinato sopra descritta (vedi).
Il nome di questa costruzione è dovuto alle pregiate decorazioni in stucco rosso delle pareti esterne che si completano con preziosi mosaici in vetro.
Rompendo con la tradizionale rappresentazione di scene religiose e mitologiche, queste composizioni insolitamente ci propongono scene laiche della vita nei villaggi. Le decorazioni vennero realizzate nell’anno 1957 DC che coincide con il 2500mo giubileo Buddista Theravada.
Il celebre Buddha reclinato al centro della costruzione è contornato da pareti ricolme di copiose raffigurazioni del Buddha a ricordare uno degli otto avvenimenti principali della sua vita: il “Miracolo di Sravasti”, canonicamente il sesto in ordine cronologico. La leggenda racconta che errando nell’India settentrionale nell’intento di impartire la Religione Buddista e accrescere il numero dei suoi discepoli, il Buddha giunse nella città di Sravasti, capitale dell’omonimo Regno, dove si confrontò con la popolazione locale restia a credere alle sue parole. Per dimostrare la propria superiorità materiale e spirituale, il Buddha inscenò alcuni miracoli tra i quali la moltiplicazione del proprio corpo in “mille” piccoli Buddha (nell’antica cultura indiana il numero mille rappresenta l’infinito)
La rimessa delle barche
Come in ogni tempio di Luang Prabang, non può mancare la rimessa per le stupende barche in legno utilizzate ogni anno in aprile ed in ottobre per vere e proprie competizioni nelle quali i monaci dei vari templi gareggiano tra loro.

Wat Long Khun
Questo tempio, anch’esso strettamente correlato alla famiglia Reale, è una delle poche costruzioni che si trovano sulla sponda opposta del fiume Maekhong rispetto al centro di Luang Prabang, in un’area pressochè disabitata e dominata dalle montagne e dalla natura selvaggia.
Ammirato da Luang Prabang, il terreno sul quale sorge il tempio mostra due colline che nella leggenda popolare rappresentano un giovane uomo e una giovane donna chinati su sè stessi. Il tempio, il cui nome si traduce in “la piana alta sul fiume”, è costruito sull’addome della donna.
Utilizzato come luogo di preghiera e meditazione per l’aspirante al trono, dopo tre giorni trascorsi al Wat Long Khun il futuro Re attraversava il fiume per approdare al Wat Xieng Thong, posto direttamente di fronte ad esso, dove avveniva la cerimonia di incoronazione.
Con la caduta della monarchia nel 1975, questo tempio fu completamente abbandandonato e caduto in rovina. Nella metà degli anni ’90 un importante opera di restaurro gli ha ridato la sua forma ed il vigore di un tempo ed oggi il Wat Long Khum si mostra nuovamente in tutto il suo splendore.
Edificato su di un’ampio terrazzamento naturale dal quale si gode di una bella panoramica sul fiume Maekhong e sulla città di Luang Prabang, il tempio è raggiungibile attraverso una scalinata che parte direttamente dall’imbarcadero.
Il “Sim” risale al diciottesimo secolo e la parte posteriore dell’edificio si conserva ancora nella forma originale. Molto belli ed architettonicamente interessanti le abitazioni in legno dei monaci. Il piccolo edificio privo di finestre al lato del Sim era invece il luogo di meditazione del designato successore al trono che avveniva alla presenza dei suoi parenti di sesso maschile.

Wat Mai Suwannaphummaham
Sul lato opposto della Rue Wat Sene rispetto al Monastero Xieng Thong, il Wat Mai è dislocato in prossimità del Palazzo Reale e di fronte alla scalinata che porta alla vetta del Monte Phousi.
“Wat Mai” nelle lingue Tai significa “il Monastero Nuovo”. È infatti uno dei più recenti della città e la sua ultimazione risale all’inizio del XIX secolo. Edificato quale dimora per il Grande Patriarca del Buddismo Laotiano, negli anni è stato utilizzato anche come residenza per diversi dignitari francesi tra cui August Pavie, principale fautore della liberazione del Laos dal dominio Siamese e la conseguente annessione tra le colonie francesi. Il Patriarca stesso si incaricò di mantenere attivo il canale di comunicazione tra Pavie ed il Re del Laos per sfuggire al controllo del Governo di Bangkok.
Dallo splendore del tetto in legno del “Sim”, edificato in ben cinque livelli sovrrapposti dei quali i primi due si estendono in modo continuo sull’intera costruzione, possiamo assegnare il Wat Mai al “Primo stile Luang Prabang” a dimostrazione che questa antica soluzione stilistica in voga all’inizio del XVI secolo venne nuovamente ripresa a distanza di diverse centinaia di anni. Quello che possiamo ammirare è ancora il tetto originale, nel tempo più volte restaurato e riparato.
A seguito della distruzione del Wat Visoun, tradizionale dimora del sacro Buddha Phra bang, nei saccheggi delle “Bandiere Nere” nel 1887, diverrà il Wat Mai il luogo dove la venerata statua simbolo della città verrà custodita e qui rimarrà fino al 1947 prima di essere trasferita al Palazzo Reale. Durante le celebrazioni del capodanno tradizionale Laotiano nel mese di Aprile, tramite un’importante e sacra cerimonia il Phra Bang viene ogni anno riportato al Wat Mai per concedere alla popolazione di Luang Prabang di rendergli omaggio. L’enorme mole di fedeli nonchè di pellegrini provenienti da tutto il Paese in questa occasione dimostrano la sacralità e l’importanza di questo tempio. Il Phra Bang rimane qui per tre giorni ed al termine di una cerimonia di abluzione viene riportato nella sua dimora stabile.
Le stupende decorazioni delle pareti del Sim narrano diverse vicende della vita del Buddha e delle Jataka tra le quali l’ultima in ordine cronologico e la più importante della serie: la “Vessantara” Jataka. Giunto alla sua cinquecentoquantatreeesima e penultima reincarnazione, colui che sarà il Buddha sorge a nuova vita nei panni del Principe Vessantara. Questa Jataka narra dell’estrema buontà, altruismo e senso del sacrificio del Principe che, ancora in giovane età, viene cacciato dalla città assieme alla moglie ed ai due figli colpevole di aver donato al regno confinante un sacro elefante portatore di prosperità e fortuna. Errando nella foresta, Vessantara incontrerà un eremita che pretenderà in regalo la sua compagna ed i suoi figli. Vessantara rimarrà fedele ai propri principi morali di altruismo concedendoli in dono.
Per la sua bellezza architettonica, per lo sfarzo e la fraffinatezza delle sue decorazioni e per la centralità della sua posizione, il Wat Mai è oggi uno dei templi di Luang Prabang più visitati dai turisti internazionali.

Wat Visoun (Wat Visunalat)
Tra i più antichi templi di Luang Prabang (il più antico tra quelli ancora attivi), venne edificato all’inizio del XVI secolo per osptitare la sacra statua del Buddha Phra Bang, l’immagine religiosa più sacra della città, che venne qui custodita fino al 1715, anno con il quale si identifica la fine del Regno di Lan-Xang e la sua annessione al Regno di Ayuttaya.
Quando nel 1866 i Siamesi di Bangkok restituiranno al Laos il Buddha Phra Bang per la seconda ed ultima volta, la statua verrà nuovamente dislocata al Wat Visoun a testimoniare il fatto che quasi quattro secoli dopo la sua costruzione, questo monastero è ancora tra i più sacri ed importanti della città.
Dal punto di vista architettonico, il “Sim” (edificio consacrato dalle pietre sacrali “Sema”) del Wat Visoun è di estrema importanza in quanto costituisce il più classico esempio del “primo stile Luang Prabang”, identificato dalla forma dei tetti spioventi su più livelli contrapposti che in questo particolare stile vede i due livelli più inferiori coprire tutto il perimetro attorno all’intero Sim.
Anche per il Wat Visoun non può ovviamente mancare una leggenda animista correlata al luogo scelto per la sua costruzione: il tempio nasce infatti sui…campi di riso dei “Devata” (spiriti) protettori della città.
Fortemente danneggiato e delapidato delle proprie ricchezze durante il saccheggio delle “Bandiere Nere” alla fine del XIX secolo, il “Sim” originale del Wat Visoun era di eccezionali dimensioni ed interamente rivestito di grandi pannelli in legno interamente scolpiti e lavorati. Oggi possiamo immaginare le sue antiche e meravigliose forme solo attraverso i disegni dei pionieri occidentali che videro il tempio prima dell’anno fatale della distruzione: il 1887. Con la ricostruzione, che avvenne nel 1896, vennero riproposte sommariamente le stesse forme e dimensioni ma i pregiati legni lavorati vennero sostituiti da materiali meno nobili come i mattoni decorati a stucco.
Il “Sim” contiene oggi al suo interno una vasta collezione di antichissime statue del Buddha rappresentato in varie posizioni e dagli stili e provenienze più disparati. Alcune di queste statue sono databili al XIV e XV secolo.
That Makmo
Malgrado la quasi totale distruzione, il Wat Visoun ci ha potuto tramandare una stupenda ed antichissima costruzione che più di ogni altra in città ci può mostrare il tipico stile utilizzato dai Laotiani per la costruzione degli stupa (in Laotiano chiamati “That”). Oggi questo anticchissimo edificio è denominato “That Makmo”, letteramente “lo stupa a forma di anguria”, ad identificarne le distintive forme. È singolare notare l’evoluzione stilistica che lo stupa ha avuto nelle varie aree del Sud-Est Asiatico e quanto e come sia sia differenziato rispetto alle originali forme indiane del primo millennio. Rappresentato con la magnifica forma di campana rovesciata nell’antico Regno Siamese di Sukhothai, nelle pianure centrali della penisola indocinese, si trasformerà in una forma più eretta e stilizzata durante il periodo di Ayuttaya. La tipica forma laotiana ha però delle similitudini più evidenti con le forme a fiore di loto in voga nel più lontano Regno Birmano.

Wat Aham
Il “Monastero del cuore aperto” è adiacente al Wat Visoun e, malgrado sia molto più recente del celebre gemello, costituisce con esso un unico grande complesso religioso. Il Wat Aham risale infatti all’inizio del XIX secolo ed il suo “Sim” ha la particolarità della completa assenza di decorazioni sulle pareti esterne. Questa mancanza è però ampliamente controbilanciata dalla bellezza e ricchezza dei murali sulle pareti interne. I temi sono i soliti ma sono qui rappresentati con un dettaglio maggiore e sono più facilmente leggibili e comprensibili: scene degli episodi principali della vita del Buddha, punizioni inferali, Jataka sono infatti rappresentate in pannelli di dimensioni eccezionalmente ampie e di immediata percezione visiva.
Più di ogni altro tempio di Luang Prabang, il Wat Aham ha giocato un ruolo chiave nello scontro culturale tra le primitive religioni animiste del popolo Laotiano e le più evolute filosofie del culto Buddista Theravada. Il risultato sincretistico di questo confronto è qui più evidente che in ogni altro sacro luogo della città. Il Wat Aham sorge infatti sulla dimora dei mitologici spiriti protettori di Luang Prabang e importanti edifici (stupa) all’interno del complesso templare erano a loro dedicati.
A seconda del maggiore o minore grado di integralismo religioso dei Regnanti che si susseguirono sul trono, questi edifici vennero a più riprese distrutti ed ogni volta ricostruiti a seguito di importanti calamità che di volta in volta si abbattevano sulla città oramai non più protetta dalle proprie forze benevole.
Oggi si ritiene che gli spiriti protettori si siano “trasferiti” all’interno di due sacri alberi del “Bodhi” che si trovano nei giardini del Wat Aham. Il Bodhi è anche l’albero sacro del Buddismo, sotto al quale il Buddha raggiunse l’illuminazione. È quindi fortemente evidente il profondo grado di sicretismo e perfetta convivenza oggi raggiunta dai due credi religiosi, entrambi ancora profondamente radicati nelle pratiche popolari. Ad ulteriore conferma di ciò, fino alla costruzione del Wat Mai nel XIX secolo, il Wat Aham fu anche la sede del Patriarca supremo del Buddismo Laotiano, il quale condivise quindi la propria residenza con gli spiriti animisti!
Ancora oggi, durante le celebrazioni del capodanno tradizionale Laotiano, al Wat Aham si tiene la rappresentazione dell’importante rito delle “Danze delle Maschere” dedicato agli spiriti protettori.

Wat Sen (Wat Sene)
“Sen” nelle lingue Tai significa centomila e centomila furono le pietre che nel 1718, anno di costuzione del tempio, vennero raccolte dal letto del fiume Maekhong per la costruzione di questo sfavillante monastero che più di ogni altro spicca per i caldi e luccicanti colori dorati. Si trova quasi al culmine della Rue Wat Sene, la strada principale del centro storico alla quale da il nome e a poche centinaia di metri dal Wat Xieng Thong.
Il “Wiharn” (edificio del monastero dedicato al culto ed accessibile anche ai laici, in contrapposizione con il “Sim” consacrato dalle nove pietre sacrali “Sema”) è un ibrido tra il tipico stile locale e lo sfarzoso stile Siamese. Le decorazioni intagliate sulle porte, che rappresentano varie divinità della cosmologia buddista nonchè divinità induiste a comporre un sincretismo religioso particolarmente conseueto e tipico del Sud-Et Asiatico, nonchè i murali delle pareti interne sono considerate tra le massime espressioni dell’arte locale.
Tra i vari edifici secondari che compongono il monastero si nota un riparo sotto il quale vengono custodite due antiche e stupende imbarcazioni in legno ed utilizzate per le regate sul fiume.

Wat Phuttabaht Tai
Diversamente dagli altri sacri templi della città, il “Tempio dell’impronta del Buddha” non si trova nel centro storico di Luang Prabang ma molto più a ovest, nel punto in cui il piccolo torrente Hop di getta sul corso del Maekhong.
La leggenda racconta che uno dei due mitologici serpenti Naga protettori degli ingressi della città aveva fissato la sua dimora su una grande roccia sulla quale oggi è costruito il tempio.
A conferma dello spirito sincretistico che da sempre ha accompagnato e legato il Buddismo e l’Animismo, la leggenda prosegue narrando di una “orma” del Buddha che venne trovata nel punto esatto della dimora del serpente. Questa singolare coincidenza fu interpretata come un importante segnale per identificare il luogo per la costruzione del tempio.
Essendo stato recentemente restuarato grazie ad uno sforzo congiunto delle comunità Cinesi e Vietnamite di Luang Prabang, dal punto di vista architettonico il Wat Phuttabaht presenta oggi un connubio di diversi stili unico nel suo genere. Le forme architettoniche Cinesi, Thai, Vietnamite e Laotiane sono infatti riunite in un interessante mix di forme e soluzioni stilistiche decisamente degno di nota.


Xieng Khuang (Piana delle Giare)

Una delle più misteriose zone del paese: oltre 300 giare di grandezza variabile da 1 a 2 metri e mezzo, risalenti al VI secolo e disseminate senza una logica apparente su un'area di circa 50 chilometri quadrati. Nonostante gli ultimi studi confermino tra le varie ipotesi quella del loro utilizzo quali urne funerarie, rimangono ancora irrisolti diversi interrogativi relativi al significato della loro disposizione.

Altipiano posto nel Laos centro settentrionale nei pressi del confine con il Vietnam nel quale si trovano numerosi siti archeologici ricchi di ritrovamenti datati approssimativamente tra il VI secolo A.C. e l’VIII secolo D.C. e composti per la grande maggioranza da enormi giare ognuna della quali di dimensioni variabili tra 1 e 3 metri di altezza e dal peso che può raggiungere le 13 tonnellate. Ricavate da roccia sedimentaria (generalmente arenaria ma anche granito) sono di forma circolare e molto simili tra loro. Solo alcune di queste mostrano parti riconducibili ad un coperchio.
Nell’area sono stati ritrovati anche bassorilievi scolpiti su sottili lastre di arenaria sapientemente tagliata con una raffinata tecnica a noi ignota. In una grotta dei pressi sono inoltre state ritrovare tracce di insediamenti umani con resti si ossa e ceneri.
La storia delle popolazioni che hanno prodotto le giare è a noi sconosciuta e fino ad ora gli studi sono stati alquanto limitati. La “guerra segreta” combattuta in Laos contemporaneamente alla guerra del Vietnam e il conseguente intenso bombardamento dell’esercito americano nelle zone di confine ha creato ingenti danni che impediscono agli storici di effettuare nuovi studi anche a causa della pericolosità indotta dalle bombe inesplose.
Le nostre conoscenze attuali sulle giare e sulla loro civiltà è limitata agli studi effettuati dall’EFEO (Ecole Francais d’Extrem Orient) nel periodo coloniale. La ricercatrice Madeleine Colani fu l’unica, negli anni ’30, a visitare le grotte ricche di reperti prima che l’ingresso venisse ostruito dai bombardamenti.

Le sue teorie mettono la piana di Xieng Khuang in relazione con ritrovamenti simili in alcune aree dell’India nonchè nell’Isarn (Thailandia del Nord-Est). I resti di questa misteriosa civiltà appaiono distribuiti in linea retta e rendono possibile l’individuazione di una ipotetica rotta commerciale tra il sub-continente indiano e il sud-est asiatico che avrebbe anticipato di quasi un millennio i flussi di comunicazione a noi noti e che hanno reso possibile l’interscambio culturale e religioso che ha portato il credo Buddista nella penisola indocinese.
L’utilizzo riservato alle giare non è ovviamente a noi noto. I ritrovamenti di resti umani nella grotta rendono possibile l’ipotesi di contenitori per le ceneri ma sarebbero in questo caso difficilmente giustificabili le loro enormi dimensioni. Un’ulteriore ipotesi è correlata al loro utilizzo in funzione di depositi per la conservazione del cibo. Questa teoria è più vicina alla bizzarra leggenda popolare che vuole le giare costruite da una popolazione di giganti il cui re ordinò la produzione di enormi quantità di whiskey locale, conservato nelle Giare stesse, per festeggiare l’avvenuta vittoria in guerra contro i nemici.


Bolaven Plateau

Zona molto fertile rinomata per il suo ottimo caffè, è abitata dalla tribù Laven che coltiva anche cardamomo, frutta e la palma del rattan molto usata nella costruzione di mobili. E' il centro della cultura Mon-Khmer e dimora delle tribù Katu, Alak e Lawae rinomate per i loro villaggi a forma circolare, per alcune particolari cerimonie sacrificali e per i tatuaggi sul viso delle donne (tradizione che a dir la verità sta andando in disuso). Belle le cascate di Tat Lo.


CURIOSITA’

BAISRI

Animismo e sincretismo
La cerimonia del Baisri, oggi ancora largamente praticata in Laos ma anche in Cambogia, Birmania, Thailandia del Nord e Thailandia del Nord Est, più di ogni altra manifestazione culturale popolare può farci comprendere quanto ancora sia viva tra le popolazioni di questi Paesi la tradizione dei primordial culti animisti la cui origine va indietro di oltre due millenni e predata largamente l’arrivo dell’Induismo e del Buddismo.
Allo stesso tempo, ci permette di dimostrare quanto naturalmente e spontaneamente le popolazioni del Sud-Est Asiatico siano state in grado di assimilare nuovi e più elaborati credi religiosi che non hanno soppiantato ma si sono semplicemente affiancati alle vecchie credenze. È importante notare come questo sia avvenuto anche qualora le linee guida concettuali e di pensiero delle nuove religioni fossero in antitesi.
Grazie al suo profondo messaggio di pace, comprensione, compassione e fratellanza, il Buddismo Theravada, meno elaborato del Buddismo Mahayana e meno selettivo delle varie correnti Induiste, è la religione che in modo più permissivo e tollerante ha potuto accettare questo sincretistico connubio di fedi.
In antitesi rispetto alle religioni panteiste o panenteiste, una religione animista assegna una forma esistenziale di livello superiore ad ogni entità fisica di notevoli proporzioni o di vitale importanza come una montagna o un fiume.
A livello più individuale, oltre al concetto di anima (vitale) già noto nelle religioni occidentali nonchè all’Induismo (ma non al Buddismo), l’animismo individua un’entità più impersonale che si lega ma non si identifica completamente con la nostra persona. Questa sorta di anima “impropria” o “esterna” vive in noi, o meglio “con” noi qualora il nostro spirito sia vigorso, sano, felice ed in equilibrio psichico. Diversamente, se il nostro spirito interiore non è in grado di creare un ambiente sufficientemente gradevole ed ospitale, quest’anima impropria ci abbandonerà in modo improvviso. Il corpo che perde la sua anima esterna perde a sua volta ulteriore vigore e protezione a sarà maggiormente a rischio di congiunture sforunate ed indesiderate.

La cerimonia
La cerimonia dei Baisri propizia il ritorno della nostra anima esterna aumentando, per mezzo di offerte e di precise ritualità inscenate da sensitivi che nella nostra cultura potremmo definire “stregoni”, il vigore e la forza interiore del nostro corpo.
Può quindi essere sostenanzialmente identificata in un cerimonia di benvenuto o di bentornato per l’anima stessa.
Originatasi in epoche antiche durante le quali i lunghi viaggi erano estremamente penosi e faticosi e considerati una delle maggiori sofferenze che il corpo umano fosse costretto a sopportare, la cerimonia del Baisri era particolarmente praticata per gli avventori che provenivano da lontano e per i quali si riteneva che lo stress del vaggio e la paura e l’angoscia dell’arrivo in un ambiente spesso temuto e sconosciuto fossero sofferenze sufficientemente intense da causare la dipartita dell’anima esterna. Da qui la tradizione che si conserva ancora oggi di praticare questa cerimonia all’arrivo da un viaggio.
Il “Baisri” è un vassoio dalla forma complessa, composto da foglie di banano e imbandito di riso, succo di cocco, decorato con fiori di loto e illuminato dal fuoco di diverse candele. Ogni componente del “Baisri” ha la funzione di rafforzare un particolare elemento del nostro organismo. Le candele ad esempio simboleggiano la brillantezza dell’anima e lo spirito della fede. Il succo di cocco la purezza della mente.
Il momento più importante della cerimonia si ha quando l’officiante lega al nostro braccio un laccio bianco che richiama lo spirito dopo gli omaggi che ha ricevuto e simbolicamente lo lega al nostro corpo nella speranza di evitare ogni futura separazione.